L’Amore ai tempi del colera

Ho letto questo romanzo a 17 anni, fu il regalo di Natale del prof di filosofia, che regalò un libro ad ogni alunno della classe, ma non solo, lo scelse in base alle caratteristiche della persona, per cui un regalo ragionato, sentito ed assolutamente inaspettato.

Per me fu il primo di Gabirel Garcia Marquez, e ne rimasi folgorata. Venivo dai classici della letteratura, belli certo, ma lontani sotto ogni punto di vista, anche umanamente lontani, per quanto le vicende umane siano poi sempre le stesse nei secoli.

Marquez mi rapì con un romanzo assolutamente fuori dai suoi schemi, atipico per lui, ma questo allora non lo sapevo. Per una diciassettenne leggere di un amore che dura e che aspetta per 50 anni, che si modifica nei vari stadi della vita, che vive a distanza, quasi di vita propria, un amore che matura e si evolve, si sedimenta, addirittura rigermoglia.

Ho scoperto poi che quella magia tipica del modo di scrivere di Marquez è ancora più possente in altri romanzi, nel mio preferito in assoluto, Cent’anni di solitudine, nella sua stessa autobiografia, e mi fa ridere il termine coniato dalla critica, quel “realismo magico” che lui detestava e che in tante interviste aveva ripudiato come un’etichetta commerciale per svilire testi che testimoniavano invece la realtà di una cultura e della sua condizione, in cui la magia poco c’entra, se non come una visione della vita priva dei paletti e dei vincoli mentali a cui siamo assuefatti.

Chi non ha mai letto nulla di Marquez, che è altro da Isabel Allende e tutta la schiera similare di scrittori sudamericani di successo, non sa cosa si perde.

Di certo il mondo è più povero senza di lui.

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